
Come nel Kintsugi, l’arte giapponese del riempire le crepe con l’oro, trasformando un oggetto rotto in qualcosa di prezioso, così, dopo tre anni, ricoperta da un’armatura di dolore, ho ripreso a scrivere, per colmare quei vuoti.
La pandemia mi ha strappato la parte più preziosa, l’amore.
So di non essere l’unica ovviamente, ma questo tipo di dolore si vive in solitudine, in silenzio, nella “depressione sorridente”. Ed è tristemente, atrocemente vero, la vita va avanti. La vita che vediamo in una pianta che sta fiorendo, in un pallone dimenticato sotto una panchina da qualche bambino, nel traffico che ci circonda, incurante delle nostre personali, intime e profonde sofferenze.
Eppure, tra le crepe dell’armatura che mi porto addosso, non ho smesso di guardare e ascoltare… gli altri.
Vi leggo, vi leggo spesso, forse non ho lasciato commenti ma ho preso forza anche da molti vostri articoli. Vi chiedo scusa se sono stata egoista ma ci vuole molta forza per ricominciare a camminare, un passo dietro l’altro. Un passo dietro l’altro.