
Sono pronta. Forse no.
Toccava a lei, era terminata la terza presentazione.
Toccava a lei.
Sono pronta.
Come si preparano gli attori prima di entrare in scena? Merda, merda, merda! Certo se te lo dici da sola, oltre che essere in imbarazzo, provoca un certo disagio interiore.
Forza, l’hai fatto altre volte.
Ed entra sul palco, fissando la sua sedia sotto l’occhio di bue. Una sedia elettrica.
Arrivano in due a sistemare meglio il microfono e rimpiazzare il materiale del prossimo moderatore, il tuo romanzo, sul tavolino di fianco.
Hai salutato?
Sì, ho salutato.
Sorridevi?
Sicuramente, una sorta di paresi nervosa mentre camminavo verso il centro del palco.
Ancora non ti siedi, aspetti, aspetti che arrivi l’intervistatore. Perché mai ti hanno detto di entrare? Cos’era tutta quella fretta?
Il microfono è a posto, se non stai attenta si sentono i tuoi respiri, l’aria che esce dal naso. Senti gli sguardi, un sottile vociferare annoiato che arriva dal pubblico.
Parlo? Dico qualcosa.
Sbaglio?
E parli.
“Buon pomeriggio e grazie di essere qui!”
Ti presenti e cominci a camminare, improvvisi, quasi a tuo agio. Ti sembra di essere una coach, ma senza slides o filmati. L’imbarazzo prende possesso delle tue viscere, le stringe in una morsa, mentre cerchi aiuto con lo sguardo.
Ma la voce, intanto, esce, e racconta. Stai raccontando.
Ti è venuto in mente un aneddoto del tuo romanzo, molto auto-ironico. Qualche risata rassicurante.
Guardi il pubblico, passando da un viso all’altro, entri in contatto.
NO.
É un errore che fai sempre.
Linguaggio non verbale, linguaggio non verbale, linguaggio non verbale.
Ma non il loro, il TUO.
Bloccata. Ora sei bloccata.
Che dovrei fare? Cantare?
Aspetti il miracolo, attendi lunghi secondi in sincrono col battito del tuo cuore. Poi, dei passi sul palco.
E lo vedi arrivare, salutando, scusandosi, chiamandoti, riempiendo quel vuoto come una slavina.
“Cominciamo la chiacchierata, anche se mi hanno detto che si è già presentata. Ottimo! Vuole continuare da dove l’ho interrotta?”
Certo. Se me lo ricordassi.
Ma la creatività non è a tempo, è un modo di vivere e vedere la vita.
“La vita, è un romanzo. Ognuno ha una storia.”
Foto Maegan Martin da Unsplash
Il contrasto tra il cervello che elabora la parola e la ragione che ti tiene in ansia. Quando si è davanti al pubblico che ti osserva questa dicotomia tra il parlare fluido e l’ansia di stare in pubblico c’è ma poi sparisce perché la vita è un romanzo.
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Ma che bello Bear!✨
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Bella serata
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Questo è quel che conta: “Ma la voce, intanto, esce, e racconta. Stai raccontando.” L’imbarazzo, lo smarrimento sono anch’essi una parte del racconto. Bel “pezzo”, Marcella🌹
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Grazie Marcello. Sempre gentile.✨
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