Non torno più

Quel giorno Anna si aspettava il solito, la sequenza di impegni che da quattro anni cadenzavano la sua vita.

Il secondo figlio era arrivato, col suo profumo di buono, con quel carico di fatica che già conosceva e che svaniva appena lui accennava un sorriso. Erano figli che aveva voluto, che aveva imparato ad amare anche razionalmente, perché l’istinto a volte non era sufficiente. Aveva dovuto ammettere a se stessa che il pragmatismo, l’accettazione dell’imperfezione, dei vestiti che avevano ricominciato ad emanare effluvi di rigurgiti, delle occhiaie impermeabili a qualsiasi trucco, facevano parte del pacchetto. Un pacchetto unico, misterioso, visceralmente connesso ad ogni sua decisione.

Sparite le sere placide sul divano, dissolti lentamente gli incontri con il gruppo storico di amici.

La famiglia, una forza devastante. Ma non per sempre.

Basta saper attendere. Basta essere adulti.

Quel giorno Anna si aspettava il solito.

Dopo aver chiuso la conversazione al telefono con suo marito, era rimasta in piedi, davanti alla finestra, fissando i pini marittimi svettare nel cielo statico, come una cartolina:“Baci da Roma”.

Guardava fuori, il più piccolo stava piangendo e il suo cuore era placidamente altrove.

  • Non torno più.

Il vento muoveva leggermente le pesanti chiome degli alberi, si notava appena.

  • Non torno più. Rimango qui, ho bisogno di allontanarmi. Non è la vita che volevoNon ci riesco.

Si voltò per prendere in braccio il suo ultimo cucciolo, aveva bisogno di lei. Bastava poco, bastava che sentisse il suo abbraccio o una bella dose di biberon.

Lui che come ogni giorno era uscito di casa, come se nulla fosse, come sempre.

  • Non torno più.

Lui che non era venuto in sala parto, lui che nelle prime foto fatte insieme al piccolo, sembrava un vecchietto, grigio, spento, assente, come se tenesse in braccio la borsa della spesa. Lui che si era lentamente, progressivamente appannato, che stava svanendo.

Lei si era accorta dei segnali, aveva osservato quel vuoto diventare voragine. Ma non aveva fatto niente. Cosa avrebbe potuto fare? Aveva due figli, non tre.

  • Non torno più.

Ma non c’eri già più.

18 pensieri su “Non torno più

  1. Per fortuna erano due e non tre perché la vita si sarebbe tinta di nero. Figli che ha voluto solo lei, mentre il marito/compagno è altrove se non fisicamente in modo virtuale. Forse non si è chiesta se il marito desiderasse in effetti avere figli. La vita in due è in due e non solo per lei ma anche per lui.

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    • Caro Paolo, posso solo dirti che è tratto da un’esperienza vera e che i figli di fanno in due. Così è stato per loro, ma lui, non aveva compreso l’importanza della decisione. Quando la vita ha portato il conto, gli è stato impossibile accettare di crescere, di non essere più al centro dell’attenzione e di dover sacrificare il suo tempo.

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      • Certo i figli si fanno insieme ma lui in realtà non era maturo ma non si è reso conto che la famiglia è qualcosa di più di un giocattolo con cui giocare. Lui sarà sempre un perdente perché essere sempre al centro non è possibili. Non sempre potrà ecclissarsi e cercare nuovi spazi.

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  2. Prendere coscienza con dolorosa forza e non arrivare al secondo figlio, per esempio.. Magari nemmeno al primo.. suppongo che il tipo qualche accenno lo avesse dato anche molto prima.
    La sofferenza qui è tripartita (escludo lui.. che a quanto pare ha saputo fare la sua scelta di libertà).
    La libertà, tuttavia, è spesso scelta di solitudine.. una solitudine che col tempo sa aprire ad una folla che sia in noi o fuori di noi.. una folla di (ri)nascita.
    Mi consento la riflessione perché sei sempre attuale e precisa quando scrivi, arrivi sempre come quella goccia nell’occhio che brucia, quando tagli un agrume.
    Ciao Marcella 🌻

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