Il silenzio dopo il mare (4)

Ci siamo! Questo racconto iniziato per gioco si conclude qui, almeno, sulla carta.

“Il silenzio dopo il mare”

Le profondità

Sono le h 20.00. Laura ha parcheggiato la macchina dalla parte opposta alla casa in cui vive Anna, si è accesa una sigaretta, abbassando un po’ il finestrino. C’è ancora chiaro e un po’ di persone che stanno camminando, forse verso casa o forse hanno già mangiato. La zona non è periferica, è un quartiere tranquillo, non quello che si aspettava. Nessun brutto ceffo o sbandati, non è nella perdizione, in uno di quei luoghi in cui non vanno le brave persone. Niente a che vedere con gli acquari tranquilli e perfetti delle zone centrali, somiglia più a un anfratto naturale, popolato da militi e una varietà di organismi che non hanno trovato niente di meglio.

Sta aspettando, forse è arrivata troppo tardi, del Professore nessuna traccia, sarà già salito? Il telefono vibra e s’illumina un messaggio. É di Anna.

Mi dispiace moltissimo ma devo rimandare l’appuntamento per cause personali. Mi perdoni. Le può andare bene domani?

Laura rimane a fissare lo schermo, poi guarda la casa, l’intonaco verdino, le ante marroni, alcune chiuse. Non sa cosa pensare ma, soprattutto, non sa cosa fare.

Si apre il portone. Escono il Professore e una donna. É una donna giovane, alta e sottile, con i capelli biondi a caschetto e un completo in lino bianco. Chiude la porta e s’incamminano. Che fare? Li seguo? Li seguo.

Camminano piano e parlano. Allora lui la conosceva già?

Arrivano ad un piccolo giardino, lo attraversano e si dirigono ai tavolini di un bar. Laura cammina svelta, scivola come un anguilla a pelo sabbia, li supera senza farsi notare e si siede dietro di loro, in un angolo vicino a una siepe. Le arriva il profumo fresco della ragazza e quello amaro del Professore. Li vede guardarsi negli occhi, ordinare qualcosa da bere, due gin tonic, poi silenzio. Passano alcuni clienti, un banco di sardine, si spostano disordinatamente ma in gruppo, fino a che trovano la zona adatta. Il Professore sta parlando ma Laura non riesce a sentire, il gruppo si sta sistemando. Che nervi! Ce la fate a sedervi?

  • Perché non torni a casa?

Questa domanda le arriva come un colpo di arbalete e rimane in apnea, concentrata. Fissa la ragazza, la guarda meglio. Le mani. Ha le mani grandi dalle dita lunghe. Di colpo lei scoppia in una risata e il Professore le fa eco. Hanno la stessa risata.

Lui si toglie gli occhiali e li pulisce, lei gli sta sorridendo e lo accarezza in viso. Sta piangendo, il Professore sta piangendo. Cosa gli hai detto? Ti picchierei per averlo fatto piangere!

  • Papà, non soffrire, lo sai che sto bene. Ti ho già detto che presto cambierà, molto presto. E forse, forse, allora ci ritroveremo, se vorrai.

Sua figlia! Non deve essere facile. Ma come sarà successo? Chissà cosa l’ha portata a scegliere quel tipo di vita?

  • Quando?

La mano di Anna scivola sul tavolo e avvolge quella del Professore. Restano così, stretti come le valve di una capasanta, con le venature in rilievo sulla pelle chiara. Ma l’acqua del mare non è immobile, mai, e nasconde, confonde.

  • Chiedo scusa, ciao Ferdinando. Ti ho lasciato il vestito che mi hai prestato davanti al portone di casa. Scusate eh! Ma è tuo padre? Buonasera, sono Alessandro.

Alessandro è una mora dai capelli lunghi e lucidi, con i polpacci un po’ troppo grossi. Si salutano e se ne va, ancheggiando sui tacchi.

Anna/Ferdinando e il Professore sono vicini ma lontani. Lui è un delfino, ma lei, non è una sirena.

Non ancora.

C’è tanta luce, quel riverbero che scoppia un attimo prima del tramonto e inonda tutto confondendo i colori, coprendo la superficie del mare con una lamiera morbida e danzante.

Là sotto, la vita non è come ce la immaginiamo.


Beh, grazie per aver letto “Il silenzio dopo il mare”!🧜

11 pensieri su “Il silenzio dopo il mare (4)

  1. Bellissimo questo continuo alternarsi di immagini marine con situazioni di vita, descrizioni di personaggi e stati emotivi. Lì, nel mare, è tutto possibile e naturale; ogni pesce è e fa quel che è mentre sulla terra ogni cosa è un mascheramento, un fingimento e la possibilità di essere quel che si è richiede un lungo cammino di dolore. Molto commovente il finale, la vera svolta è questo incontro padre e figlia-o e l’accettazione delle proprie diversità attraverso l’amore.
    Me lo sentivo dal primo post che questo sarebbe stato un bel racconto.
    Grazie, Marcella, per le belle emozioni che riesci a trasmettere.

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  2. Questo racconto mi ha colpita per il modo in cui riesce a trattenere il non detto. È come se ogni scena fosse avvolta da una corrente silenziosa, che trascina ma non svela del tutto. L’ambientazione quotidiana si intreccia con immagini marine, che diventano metafora di emozioni sommerse, trasformazioni intime, distanze che restano anche nella prossimità fisica.

    Ho trovato particolarmente toccante il momento in cui il Professore piange. Non è solo un padre che si ritrova davanti a una figlia cambiata, è un essere umano che tocca con mano ciò che forse non ha mai avuto il coraggio di guardare fino in fondo. La frase “Papà, non soffrire, lo sai che sto bene” è semplice ma potentissima. Dice tutto senza spiegare nulla.

    C’è una bellezza struggente nel finale: quella luce che confonde i colori e quella frase – “là sotto, la vita non è come ce la immaginiamo” – che resta addosso come una verità sospesa. Come lettrice, mi ha lasciato dentro un senso di malinconia e compassione. Per tutti i personaggi, nessuno escluso.

    Un racconto che non chiude, ma apre. Verso l’altro, verso ciò che non conosciamo, anche quando lo amiamo. Grazie

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  3. Completamente spiazzato questo finale dove le due ragazze si chiamano con nomi maschili. Essere la figlia del prof ci stava ma scoprire che è tutt’altra pasta questo non lo pensavo.

    Comunque complimenti per questo breve ma incisivo racconto.

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