
Sono sempre di più. Una moltitudine che vive in una dimensione parallela. Gli altri. E gli altri hanno nomi, sono Giovanna, Filippo, Sara, Marco, Paolo, Michela… persone che hanno perso ciò che diamo sempre per scontato.
Una pagina del mio TRA LA POLVERE E LE NUVOLE
Giugno, giorno 259
Quanto può sopportare l’anima? La vergogna, puzza? Posso dire con certezza che la vergogna produce una sorta di sindrome olfattiva che ti fa credere di puzzare. Esistono però tanti tipi di vergogna.
È un’emozione complessa che ho provato quando mi sono sentita inadeguata, inferiore. A scuola per esempio, durante qualche esame all’Università, o quando, nelle gare di pattinaggio, crollavo miseramente, sentendo gli sguardi di tutti. Ma era il passato. Non mi era più successo. Fino ad oggi.
Non avevo provato vergogna quando stavo in fila con altri senzatetto, neanche quando mi avevano ricoverato. Ma oggi, incrociando quei conoscenti, oggi sì. L’imbarazzo è poca cosa di fronte alla vergogna. Puoi essere imbarazzato per un senso di inadeguatezza ma, vergognarsi fino ad arrossire, fino a volerti nascondere, fuggire, questo ti fa sentire mortificato, giudicato, perché, ti hanno scoperto. Mi ero sentita invisibile fino a quel momento, mi era sembrato di essere su un altro pianeta, un’altra dimensione, e non ero io che stavo provando tutto questo, era l’altra me.
Ecco, forse il fantasma di me stessa stava facendo tutto il lavoro, sopportando umiliazioni, rifiuti, freddo, povertà. Oggi, il fantasma era sparito, lasciandomi nuda di fronte alla realtà. Ero proprio io, ad essere sola, in mezzo ad una strada, ad aver fallito.
Il respiro si sta normalizzando ma le guance sono ancora in fiamme ed sono sudata e tremante. Rimango seduta a terra, vicino al cespuglio, ascoltando il traffico.
Quando mi alzo, dopo essermi cambiata, neanche mi ricordo di averlo fatto. Gesti meccanici e veloci, per tornare alla versione di me che non voglio dimenticare. Mi sembra di avere le gambe ancora deboli e mi appoggio al parapetto del muretto, guardando il Tevere. Qualcuno sta facendo jogging qui sotto, sulla passeggiata ai bordi del fiume, e non ci sono barboni. Non qui. É solo una giornata normale, col sole, la gente, l’estate che sta arrivando.
Faccio un lungo respiro e decido che mi ci vuole un caffè. Di fronte alla fermata dell’autobus c’è un bar, lo prenderò là. E così sia.
Col mio borsone a mano, per non rovinare la giacca, m’incammino, attraverso e cerco di passare tra i vicoli. Ogni volta che vedo arrivare qualcuno, cambio strada o marciapiedi.
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