(14) ORANGE FOAM

Non esiste il tempo. Non esiste? Non esisto io. Esisto?

Quando ero nella vita, a volte, mi sembrava di non esistere. Ora che non so, non so dove sono, cosa sono, mi sorprendo a… pensare.

Non è giusto. Non sono pronta, forse non era il momento, forse. Non sarà che mi tocca questo folle girovagare in scenari già vissuti, in particolari mai colti, proprio perché ho deciso io di fermarmi? Di tagliare il filo?

A proposito di fili, filamenti collosi multicolori, come un chewing gum tirato da entrambi i lati, mi sto allungando senza rompermi. Vedo delle gambe, gambe di ragazzini, il pavimento di maioliche e le pareti gialline. Mi sembra di sentire una campanella, sono a scuola. Un banco di scuola, la lavagna appena pulita il cancellino che perde gesso. La mia maglietta è bagnata e sono a disagio. Qualcuno mi ha tirato addosso qualcosa, un bicchiere di carta con del liquido arancione. Sono in piedi, mi vedo, la mia felicità in un sorriso, l’ultimo giorno di scuola, alle medie.

“Cos’è questo odore di aranciata?”

Il professore, me lo ricordo, secco e un po’ altezzoso, e mi vedo di fianco a lui, vicino alla cattedra. Siamo tutti lì intorno. Vedo il viale , fuori dalla finestra, i tigli che profumano.

“Ah, ma sei tu! Spostati che mi sporchi!”

Spostati.

E io mi sposto, esco dal gruppo e sono sola.

Fa male, il mio sorriso è spento mentre tutti ridono. Mi avete rovinato la maglietta nuova, ora dovrò spiegarlo alla mamma. E le gocce di aranciata sono nell’aria, passano sulle teste dei miei compagni, del professore. Tutto si tinge d’arancio e cristallizza. Io, goccia di aranciata, li osservo come fossero statuine di zucchero, li guardo e urlo, urlo così forte che le frantumo, le polverizzo in una nuvola grigia.

Dovrò spiegare alla mamma perché puzzo d’aranciata. E sono spuma d’arancia, profumata, appiccicosa, che scivola in un gorgo, risucchiata lentamente.

La molla riparte, lenta, costante.