Brutto posto l’obitorio.
Ma quella sotto quel lenzuolo sono io? Ma no, non mi riconosco proprio. Le guance scavate, i capelli! D’accordo che non è essenziale, almeno per voi che dovrete cremarmi, ma lasciarmi così, in disordine, non è accettabile. Avrei dovuto scrivere anche questo: – Cercate di sistemarmi in modo che possa sembrare “viva”, in ordine. Grazie –
Mi sento risucchiare, come se stessi per entrare in un mulinello e, roteando, mi ritrovo sotto un portico, immersa nel caldo umido e appiccicaticcio. Non sento profumi, vedo solo fili d’incenso che salgono e tante luci, confusione. Stanno ballando, è il matrimonio della mia amica Chandani, a New Delhi. Quanto tempo sarà passato? Forse cinque anni.
Come ci sono finita su un treno stipato all’inverosimile di colori, profumi e piedi, tanti piedi? Vedo anche i miei decorati dall’henné, sporchi di polvere. Il vetro del finestrino è talmente opaco da non riflettere nessun viso, tantomeno permette di vedere fuori. Non riesco a spiegarmi queste sensazioni, non avverto nessun rumore ma i visi che mi passano davanti me li ricordo, i sorrisi e quegli occhi di onice nero dei bambini, poi le colline basse, poco verde, il vento, quello lo sento, l’aria che mi gonfia i capelli.
Ora sono tra i ninnoli dei bracciali della sposa, la conosco da tanto ed ha un sorriso enorme, ti ipnotizza. Suo marito è più grande e la guarda ballare, e io schizzo da un albero pieno di luci a una tavolata lunghissima che sorvolo bassa, mi sembra di passare attraverso le ciotole di salse, fino a che mi trovo di fianco ad una signora anziana, dalle mani scheletriche, avvolta in una nube verde e rossa di pepli leggerissimi.
Non c’è più, ma è lì. Sembra vedermi ma quando cerco di toccarla vengo lanciata lontano, una vertigine fortissima e divento aria.
Aria che si mischia alla musica sempre più forte, ai balli e ai battiti delle mani. Il mio cuore va a ritmo. Il mio cuore? Questo non ha senso. Non solo questo in effetti. Sono nell’aria, di nuovo, foglia tra le foglie, zanzara tra le zanzare, una nota, nella voce di Chandani. Una nota che vibra in altre voci, lontane, vicino al fiume Yamuna, durante una rito funebre. Ora sono davvero confusa. Posso essere in due posti contemporaneamente?
Salgo, salgo veloce, velocissima, mi sto allontanando. Stop.
Esplodo, lentamente, quasi in slow-motion, e mi dilato come una nebulosa, abbracciando tutto, il Dariba Kalan e i suoi vicoli, il Forte Rosso, il Raj Ghat, passo sotto al Cancello d’India e sono dentro al Swaminarayan Akshardham. Avessi una macchina fotografica, o almeno un telefonino, potrei fare qualche scatto, tanto non mi vede nessuno.
L’odore, non sento l’odore dell’India, ma me lo ricordo.
Sì, me lo ricordo.
