Ti ho visto

Ti ho visto. Sì, ti ho visto quella mattina, di spalle, la tua piccola ombra che faceva fatica a seguirti.

Eri là, sulla banchina, guardavi per terra, in mezzo a tante persone. Chi fumava, chi parlava, chi restava immobile mentre tu passavi.

Troppo lieve, troppo, per essere di questo mondo. Lo sai? Sicuramente lo sai. Ma gli altri?

Mi sembrava di sentire i battiti del tuo cuore, il tuo respiro portato da una musica antica, di cornamuse e note di pianoforte. Un’onda silenziosa si muoveva insieme a te, sfiorando corpi, facendo fremere i capelli.

E gli occhi?

Gli occhi della gente che lambivi, riflettevano una scintilla minuscola e violenta, spilli luminosi.

Li avevi accesi tu?

Esisti dunque. Esistete, perché immagino tu non sia il solo.

Mi hai sentito? Sapevi che mi ero accorta di te? Forse non eri lì per me. Forse.

Arrivavano spruzzi salmastri, il profumo del mare, delle alghe che marcivano tra gli scogli corrosi. Ti eri fermato e ti osservavo, seduta su una bitta in ghisa. Era arrivato il traghetto, riempiendo l’aria di mugolii tra lo sciabordio spumoso. La folla si stava muovendo come una nuvola di storni, spostandosi in una danza passiva e massiccia.

Ma tu non c’eri più, i miei occhi passavano impazziti su quella macchia uniforme, pensavo ti avessero inghiottito. Era rimasta solo la tua piccola ombra in una pozzanghera azzurra.

E ci ho messo dentro i piedi.


Foto Clem Onojeghuo da Unsplash