
Praticamente scrivo, visto che tutti parlano. Ho cambiato spesso il mio manifesto, senza arrivare mai a dichiarazioni surreali o volutamente d’impatto. Io, che adoro il realismo onirico e quella capacità di avvinghiare il lettore al testo, quel flusso magico che rapisce, che non sfrutta termini ridondanti ma espressioni idiomatiche, utilizzando una narrazione riflessiva, visionaria e simbolica ma diretta. Diretta al cuore.
Scrivo, e quindi, leggo.
Leggo molto, da sempre. Una passione, una stanza mia in cui non può entrare nessuno perché il mio bambino interiore la riempie, ci si accomoda con le sue matite colorate e una musica bella. E capita che io legga più libri contemporaneamente, come in questo momento. A volte li scelgo per capire che tipo di letteratura ci sta definendo, spesso invece seguo solo i miei gusti. Come entrare in pasticceria e, prima, assaggiare anche quel dolcetto che non ti fa venire l’acquolina in bocca ma ti incuriosisce, sicura di aver già adocchiato i tuoi preferiti. Così, ora vago tra il debole Premio Nobel per la Letteratura 2024, Han Kang (La vegetariana), l’ennesimo superbo libro di Cees Nooteboom (Cerchi infiniti), i surreali racconti di Carver (Da dove sto chiamando), il lento Premio Strega 2021 Emanuele Trevi (La casa del mago).
Mi fissano dal divano gli ultimi, adorabili, terminati da poco, Yoshimura Keiko (108 rintocchi) e Emy Yagi (La Venere e io), mentre aspetta paziente (come il dolcetto poco appetitoso di cui sopra), Niccolò Ammaniti (La vita intima).
Sembra che stia facendo promozione… ma, veramente, leggo in contemporanea più scrittori. Mi piace cambiare sensazione di stile e ritmo, mi incuriosisce quando non condivido la percezione comune (per lo più dettata da recensioni di marketing mirato), nella ricerca di qualcosa di succulento che mi faccia sanguinare il cuore.
Consapevole che ognuno predilige un certo tipo di scrittura, userò una citazione che tutti conosciamo, modificata per l’occasione: “Tutti gli scrittori sono uguali, ma alcuni scrittori sono più uguali degli altri”. E mi perdonerà Orwell.