L’ultima raccolta di poesie di Marcello Comitini è finalmente disponibile!
Ho avuto l’onore di scrivere la prefazione a questa opera e ve la propongo per raccontarvi un po’ di questo viaggio tra le parole, in cui mi sono volutamente persa, senza giudizi, solo aprendo l’anima, tra i versi “incastonati in questa cornice di carta stampata”.
IL CIELO È UNA BOCCA INNAMORATA DELLA TERRA
Prefazione
Una raccolta assetata, pura e crudele, in cui lo spirito invoca un respiro, conscio della vastità dello smarrimento. (“Fiumi femmina”). Come la linfa che scorre dalle radici alle foglie, le parole suscitano emozioni palpitanti, tra ragione e sentimento. A volte, indifferenza e gelo, a volte, passione, “colma di dolce polpa maturata nella nicchia del cuore” (“Parole”).
Anche l’amore stordisce, rincorso, negato, sognato o rimpianto, quando “dalle bocche assetate, ti amo e addio, è il grido che alzano.” (“Lo stormo”). È una poesia che “scava un buco oscuro nella coscienza, non vuol riconoscere il passato, non crede nel futuro, non cade negli inganni del presente.” (“La poesia”)
Il tempo non è scandito, ma scivola come un fiume grigio, incapace di riflettere lo spazio celeste, mentre “sentiamo che in noi perdura la sostanza delle stelle” e “siamo come il vento, aria nell’aria.” I colori delle parole, il bianco che abbaglia dal “tulle delle nuvole”, la terra nutrita dalle ultime rosse gocce di sangue, il verde delle valli imputridite dai frutti caduti e marcescenti, le mani lucide e nere, come le piume di un cigno che orgoglioso scivola su acque tranquille. La Terra appare gioiosa, blu, verde, celeste, nonostante i singhiozzi per tanta bellezza. Questa è immortalità? La natura divina del vuoto. (“Lascio fare”)
“Gli artigli degli umani” incapaci di proteggere tanta bellezza, ignorando il destino comune, tramutano le parole in pietre, inesprimibili grida, tra presunzione e ignoranza.
Manca sempre qualcosa alla felicità umana, dai sogni infranti, alle lacrime che grondano dalle nuvole, mentre è impegnata a correre, dimenticandosi delle proprie radici, della storia e dei gesti antichi di chi non c’è più, piangendo, bestemmiando, negando l’esistenza. (“Simulacro divino”)
“È breve e freddo il filo che ci lega” (“Effimera”)
“La luna apparirà col suo calice di ghiaccio, per celebrare la cecità del loro essere” (“Colline”)
Sono liriche che sanno cogliere nel profondo verità difficili da negare, percezioni che parlano d’istinto, sempre connessa al substrato della coscienza, spaziando tra malinconia e nostalgia. La ricchezza sentimentale si evince nella poetica che sorprende col suo carico di significati. Una vena poetica che a volte si ritrae sobriamente, a volte stupisce con immagini evocative, scruta e non giudica, suscita un’incredibile curiosità. Ci si perde in versi dallo spessore rilevante, ricordi che sono attimi indefinibili, intensi e a volte strazianti.
In “Scrivere lentamente”, si prende gioco della caducità umana, invitando ad una lettura istintiva e scevra da preconcetti. La ricerca di una impossibile “lealtà della vita”, nella umana convinzione di essere eterni Dei. “L’amore che spinge a credere di essere vivi è andato perduto.”
Anche quando, in alcune poesie, come nella “Voce della terra” e “Primavera eterna”, si affrontano temi sociali, anche quando lo scrivere di guerre, di ingiustizie ed omicidi, di menzogne politiche, di povertà della terra, tutto “fa da specchio opaco all’incoscienza umana svuotata, superficiale, le cui grida di orrore, davanti alla TV, “galleggiano intrappolate da uno schermo”.
Nella ricerca della ragione dell’esistenza, le risa diventano tragiche in “Chat GPT”, i coltelli sono privi di lame. La passione non ha ragione d’esistere se cervelli digitali, come infinite maschere, offrono risposte a tutti i perché.
Come sopravvivere? Non alla morte, che accompagna, muta amica sconosciuta, ma ai sogni, ai ricordi che bruciano? Odio, integrità, speranza, illusioni, amore, lacrime, solitudine, un urlo si leva dai versi che anelano l’impossibile: l’ascolto, unica via alla libertà.
Alla fine, nello scrutare doloroso sulle debolezze umane, c’è la continua ricerca dell’amore, quello universale “unico e misterioso”, illuminato dallo “sguardo della luna, sui volti lavati dalle mani bagnate di pianto”.
Marcella Donagemma
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