La figlia prediletta

É domenica, al piccolo parco del centro, si cammina sui vialetti di ghiaia, respirando l’aria fresca mentre il sole buca le nuvole.

I bambini, che ancora sognano senza chiedere il permesso, corrono, tra capricci e risate per un nonnulla. Non tutti.

C’è una bimba, avrà sei anni, osserva i fratellini, due. É seduta come una mamma in miniatura, invece che correre con gli altri, sta attenta che i fratellini non si mettano in pericolo. Sta aspettando che i genitori arrivino, sono andati a fare due passi da soli, saranno a venti metri, ma sembrano lontanissimi.

Tornano e, la mamma, a malincuore, lascia la mano dell’amato, per andare a raccogliere il fratello più piccolo dal prato, mentre il papà, inizia a giocare a pallone con l’altro. La bambina si avvicina, vorrebbe una carezza, parla un po’. Fanno le foto, la mamma tiene in braccio prima un fratello, poi l’altro. Lei, no. lei è grande.

Si siede sulla panchina, osserva il papà giocare a pallone, invidia il fratello che corre felice, invidia il piccolo che prende tutti baci della mamma, anche quelli che erano i suoi. Si alza per andare sull’altalena ma la mamma le grida di non allontanarsi. Si gira, è felice.

< Vieni qui e tieni tuo fratello un attimo che devo andare in bagno.>

Mentre cerca di tenere a bada il fratello piccolo, osserva le altre bambine, non le conosce, non ne ha il tempo. Ma la mamma tornerà presto e allora, allora andrà proprio da quella bambina con i capelli lunghi, quella che sta rispondendo male alla sua mamma e le tirerà i capelli così forte da farla piangere. Guarda il fratello piccolo che le sta dando dei calci, non gli dice niente, cerca solo di schivarli, ma lui scivola e cade. Batte la fronte sulla panchina di ferro e scoppia in un pianto disperato.

Ora, lei è disperata. Stanno arrivando di corsa i suoi genitori, cosa dire? Come scusarsi?

< Ti avevo detto di stare attenta! Ma proprio non ci si può fidare di te!>

Vorrebbe piangere ma non ci riesce, corre verso l’altalena, ci sale e si spinge forte, sempre più forte, arriva così in alto che qualcuno le grida di smetterla, che è pericoloso.

Ma non sono i suoi genitori.

Racconto inspirato dal post “Insicurezza e bisogno di approvazione” della dott.ssa Giusy di Maio


Foto di kelly-sikkema da Unsplash

Vita

Siamo alla fine, quasi.

Fine di cosa in fondo? Fine del nostro computo del tempo annuale, non più legato a meridiane ma a orologi.

Eppure, continua, anche se vogliamo ingabbiarlo, sorge sempre il sole, lo stesso sole che tramonta in qualche altra parte.

Oggi è nata una bimba, una dei 240.000 che nascono nelle 24 ore. Ma, per i genitori è unica, è la loro occasione di lasciare una radice, il segno del loro breve passaggio su questa terra. É una meraviglia, veder nascere un bambino è davvero un miracolo, aspettare che faccia il primo grido, che cominci ad annusare la vita.

Un’energia che non possiamo catturare, quella della vita, la sua potenza, che pensiamo di poter consumare per sempre. Ma per sempre, non esiste.

Oggi, hanno ricoverato una persona meravigliosa, non più giovane, per una recidiva del tumore alle ossa. La sua energia è terminata? Avrà fatto tutto quello che avrebbe voluto? Sarà in pace con se stesso?

Io lo immagino in uno dei suoi quadri, pieni di forza, passare da una pennellata di colore ad un’altra, danzare pattinando sulla tela, senza dolore, solo pace.

Oggi sarà l’ultimo giorno di quest’anno, un altro ultimo giorno per qualcuno e un primo giorno per altri. E festeggeremo la fine e il nuovo inizio. Festeggeremo la vita.

Buon Anno, cari amici e Buona Vita!


foto i di benjamin-davies da Unsplash

Farfalla

Smettila di accontentarti di chiunque pur di non restare sola.

Scacciò i pensieri brutti, stasera si vestirà come una farfalla, vorrebbe essere una farfalla, di quelle che vivono solo poche ore.

In fondo non conta quanto, se non ne vale la pena.

Ha appuntamento con lui, non glielo aveva confermato ma non importava, l’aveva fatto altre volte. Eccola davanti al ristorante, è in orario e aspetta. Aspetta.

L’amore, quando si rivela,
Non si sa rivelare.
Sa bene guardare lei,
Ma non le sa parlare.

Prima vede i suoi piedi, poi vede lui. É seduto a un tavolo, con un’altra. Lui parla e lei annuisce e sorride.

Ma non le aveva scritto. Non le aveva detto di avere un altro impegno. 

Le sue ali si sono afflosciate, lui non l’aveva vista e si sentiva come se la avessero messa in una teca con gli spilli conficcati.

Che fare? Andare? Salutarlo?

 Aspetta.

Mai agire d’impulso.

In fondo non si sentiva mortificata perché lui stava uscendo con un’altra, si sentiva miserabile per quel suo continuo sbagliare,

Accontentarsi di chiunque pur di non restare soli

Avevano finito. Se ne stavano andando.

Non fai niente?

No.


Foto di mario-kravcak da Unsplash

Babbo Natale arriva il 25

Sono quasi le 23,30. Dobbiamo muoverci o arriveremo tardi alla Messa di Natale.

La tavola è un campo di battaglia, tra briciole e dolcetti, un pezzo di panettone è finito su una sedia. Si è giocato fino a poco fa, dopo aver aperto i regali. La gioia dei bambini è il vero regalo.

Per quanto riguarda i pacchetti che si erano scambiati, a parte il solito copri-spalle triste, forse riciclato, e quella crema per il corpo anti-cellulite, non proprio un gesto gentile, i cesti con le marmellate fatte in casa e i salumi erano piaciuti.

Le carte regalo sono state strappate, quasi tutte, lei odiava riciclare, almeno quelle. Il bello sta nell’aprire con foga, come se si tornasse bambini.

Poi, giocare a Tombola, Otto e mezzo, Bestia, col sottofondo del concerto di Natale alla tele, e bere, mangiare torrone, seduti sui cuscini, sul tappeto. Domani, rimetteremo a posto domani.

Fa freddo? Sveglia la piccola, dai che dobbiamo mettere le scarpette, dai che che dobbiamo uscire. Macchina? No, no, andiamo a piedi, non è lontano. Voi andate avanti intanto, noi arriviamo.

E l’ascensore è bloccato, si stanno salutando. E quanto ci mettono? Ci vediamo in Chiesa.

E sono fuori, il portone si chiude. Fa freddo e la notte è stellata, da quanto tempo non succedeva? Si cammina sui ciottoli, incontrando altre persone, ci si scambia gli auguri.

Non potrebbe essere così sempre? Cosa costa salutarsi?

Rimbombano i passi, l’eco di voci allegre, qualcuno un po’ brillo. Fili luminosi pendono, sembrano traguardi messi troppo in alto, qualche lampadina è già fulminata. Un piccolo abete triste, decorato alla bene meglio, davanti ad un negozio, il cassonetto riempito all’inverosimile con tante scatole appoggiate, Babbi Natali ormai consunti che si arrampicano sui muri. e sulle finestre.

Poi si gira a destra, e la piazza è illuminata a giorno, macchine che cercano parcheggio e famigliole che stanno salendo i gradini della Chiesa.

Ti ricordi? Ti ricordi quando, da piccoli, aspettavamo il giorno di Natale per aprire i regali e ci svegliavamo all’alba? E lasciavamo il latte e i biscotti per le renne? La meraviglia quando vedevamo che erano rimaste solo le briciole e poco latte… Quella era magia.

Aspettavamo Babbo Natale.


Abbracci

I miei Auguri: vorrei che fosse Natale per tutti, che gli affetti abbracciassero ognuno di noi così forte da fare male. ❤️

da TRA LA POLVERE E LE NUVOLE

È la Vigilia di Natale, cosa ho chiesto a Babbo Natale? Sono stata brava? Non direi, ho rubato, maledetto un sacco di gente, forse ho anche bestemmiato, anzi, ho bestemmiato e, come se non bastasse, ho rubato anche in Chiesa. Sono stata egoista, ho pensato a me, sempre di più.

Vorrei svanire come i fiocchi di neve che cadono, lievi e soavi, in silenzio, mossi dall’aria. Qualcuno si posa, altri spariscono lentamente, assottigliandosi, evanescenti.

Questo buio non può durare per sempre, se guardo attraverso le fessure, le piccole crepe dell’armatura che mi sta ricoprendo, posso vedere la vita, quella fuori da me. Potessero vedere anche gli altri attraverso, vedrebbero il mio sguardo, come quello di chi è sott’acqua, quasi senza fiato.

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Foto di jess-zoerb da Unsplash