Vado a comprare il pane

Ci sono i saldi al SUPER. I famigerati prendi 3 paghi 2. In realtà io amo i negozietti, quelli dal sapore antico, spesso con carissimi prodotti di nicchia che però assicurano gratificanti risultati culinari.

Ma come resistere al richiamo dell’AFFARE?

Così anch’io mi ritrovo a passeggiare tra gli scaffali, si fa per dire. Provate a passeggiare, rallentando di tanto in tanto e qualcuno calpesterà senza pietà il vostro metatarso. Tentennate nella scelta delle olive e sentirete lo sguardo di rimprovero dell’inserviente intenta a sistemare tonnellate di pasta.
Effettivamente non capisce a cosa serva leggere i componenti della salsa, E’ IN OFFERTA!!!

Quindi, anche se la quantità di sodio ti causerà danni certi ai reni, non importa.

Guardo con circospezione la verdura, le ciliegie sono in offerta, arrivano dal Cile. Ecco spiegato il prezzo, hanno viaggiato in business.

Mi dirigo al reparto casa: carta igienica, carta cucina, carta forno. Tre per tre, nove confezioni, praticamente porto a casa un albero in nove  scatole. Poi gli spray pulenti, i detersivi, i disinfettanti… Ho tutto ciò che mi serve, posso anche andare in letargo.

Ma  il percorso non è finito, mi aspetta l’ultimo girone infernale, la cassa. Un numero spropositato di casse aperte e non so mai quale scegliere. Mi dirigo verso la numero sei, ma non mi piace il numero, allora vado verso la otto ma mi sembra che ci siano troppi carrelli in fila. Cedo all’idiozia e mi fermo alla sette.

La cassiera sta lanciando la merce sullo scivolo di metallo dove, alla fine, una ragazza bionda sta parando gli articoli con maestria, infilandoli al volo nelle buste. Sarò all’altezza? Esco da cotanta mattinata con contusioni multiple alle dita e un quantitativo di roba esagerato.

E, ovviamente, mi sono dimenticata il pane.


foto di Oleksii-S

Il Pargolo

Sono al ristorante, si festeggia un pre-compleanno. Non chiedetemi cos’è, sta di fatto che mi è toccato comprare un regalo due settimane prima della festa in questione.

Appena entrata, è bastata una rapida occhiata al parterre per realizzare che sarebbe stata una di quelle giornate infinite. Le coppie invitate dalla festeggiata, con pargoli annessi, stavano già monopolizzando lo spazio con passeggini, cappottini, giochini.

Ora, non ho esperienza in merito da condividere perché PURTROPPO nella mia vita evidentemente i bimbi non erano previsti, ma meno male che non ho avuto nessun serial-killer, agito-passivo, autolesionista, in sorte.

A difesa di tutti quei genitori che combattono tra lavoro, casa, scuola, emergenze varie, mi pare di capire che non esiste una equazione esatta tra  educazione in famiglia e educazione civica. E i bambini sono bambini.

Ma oggi vorrei analizzare il maledetto Pargolo. Pargolo nell’accezione di infante, imperfetto, immaturo.

Quand’è successo che abbiamo perso il controllo sui Pargoli?

Mentre sto seduta in un angolo, valutando strategicamente come meglio difendermi dal lancio di panini dei Pargoli, incrocio lo sguardo di tre mamme, due neo papà e il gestore del Ristorante. Nell’ordine:

  1. le mamme in trance a fissare estasiate i piccoli mostri
  2. i neo papà, probabilmemte sedati, che imbracciano biberon, merendine e videogiochi
  3. il gestore che è in balia degli eventi e pensa a quanto è difficile guadagnarsi da vivere

Quest’ultimo è infatti consapevole che il suo ristorante, perderà in brevissimo tempo la sua connotazione  per trasformarsi nel palcoscenico dei fanciulli. A niente varranno le occhiate imploranti fatte alle madri in trance, perché i Pargoli sono i veri protagonisti.

Mio malgrado quindi, mi preparo ad ascoltare pietose canzoncine, intervallate dalla lettura del temino in classe e da passi di danza. Se tutto ciò durasse pochi minuti, se il tempo dedicato all’ego smisurato dei Pargoli fosse limitato a sollazzare la vanità dei genitori, saremmo anche divertiti dalle loro gesta, a volte davvero sorprendenti.

Il problema è capire quando abbiamo scambiato le manifestazioni del Pargolo, come lo schiaffo all’adulto, in una affermazione di autonomia, le urla disperate a terra da sindrome di Ganser, in delicatissimi momenti di asserzione  della personalità.  E se tu (non madre ovviamente) sollevi il sopracciglio in un moto di impazienza, preparati a scontrarti col disprezzo e la commiserazione delle madri in trance.

Poi penso ai miei nipoti, che sorprendentemente hanno una testa, due braccia e due gambe, come la maggior parte, e che invece ancora chiedono se possono…

Ma loro sono bambini.

Roar

Ma cos’è? Una immagine che sovrasta la scrivania e riempie la parete, una Tigre, bellissima, mi fissa dal poster gigante.

Forse l’impiegata che mi sta guardando come se avessi interrotto l’esecuzione di un’Opera alla Scala, spera di essere protetta da tale feroce immagine e che nessuno si avvicini senza permesso. Mi dispiace, sono già nella stanza.

Lei si alza dalla sedia, lancia uno sguardo bistrato alla porta da dove sono appena entrata.

Ho chiesto permesso, giuro. Parla con la vicina di scrivania, forse una battuta, ma non afferro. Poi si siede e prende dei fogli, me li porge, e recita in un minuto l’equivalente di un manuale di istruzioni su come compilare i suddetti formulari. Mi congeda come una esausta insegnante di sostegno.

Lei e la collega si alzano in sincrono e parlando ad alta voce se ne vanno. Rimane l’eco dei loro tacchi un po’ strascicati e quel poster con la Giungla assolata, deserta, con la Tigre, immobile.

Sinonimi di Selvaggio [sel-vàg-gio] agg., s. (pl.m. -gi, f. -ge) : inospitale, poco socievole, disabitato.

Roar.

Prima o poi

Specchio,specchio, altro che delle mie brame, direi più che altro BASTARDO!

E’ una splendida mattinata, mi alzo con una energia fantastica, una sorta di luce interiore che, volendo citare i mensili femminili più letti, “Non ti farà passare inosservata”. Questo era il mio stato d’animo, ante. La ricerca della tavoletta di cioccolata, invece, ha seguito la visione della mia immagine post-dormita di sei ore: occhiaia blu pavone su rughette sparse.

Avete notato quanto sa essere impietoso lo specchio mattutino? Inutile presentarsi con aria spavalda, alla ” chissenefrega, mi lavo con acqua calda-fredda-calda-fredda-calda-fredda”, tanto prima o poi ti fermi e, oltre ad un colorito da gita in ucraina a gennaio, non si ottiene altro.

Bisogna accettarlo. Il tempo che passa intendo.

Ed è dura. Soprattutto perché l’energia che hai continua a ricordare quella che eri, continua ad illuderti di poter sfidare le leggi della natura. Un po’ come a Ballando sotto le stelle.

Le più fortunate “non dimostrano l’età che hanno”.

Please. PLEASE! Vi rimando al link di queste Ladies, perché le adoro e perché non inseguono la giovinezza ma la vita.

E io, cerco di essere una di quelle fortunate. Va beh, calda-fredda-calda-fredda -calda-fredda-calda…

Calore umano

Mattinata in Posta.

“E’ in fila?” Mi chiede la signora bionda.

“Sì “.  E’ la mia risposta.

” No, mi piace l’odore di chiuso e ascelle”.  E’ la risposta muta del mio ego sarcastico che scalpita guardando le 15 persone prima di me.

angel-vectorizedSono arrivata da pochi minuti ma per qualche inesplicabile motivo, durante le attese, il tempo si dilata. Come se passassimo in un’altra dimensione: 5 minuti in fila alla Posta = 20 minuti di vita sulla Terra.

Per questo, prima si consiglia di:

  1. fare colazione
  2. andare in bagno
  3. assicurarsi che il cellulare sia carico

La signora anziana davanti a me comincia ad accusare una certa stanchezza. Scatta il lamento che, come l’ebola, si propaga e contagia la fila di fianco. Nonostante le cuffiette mi isolino, posso leggere inequivocabili piagnucolii dalle labbra dei vicini. La signora che non trova in me terreno fertile alla polemica mi ignora sventolando un bollettino spazientita.

Ma è il suo turno.

L’addetta allo sportello impassibile effettua l’operazione e passa oltre. Una freddezza da spia sotto copertura, una tecnica di sopravvivenza probabilmente perfezionata con l’esperienza.

Tocca a me. Fatto.

Efficace ma un tantino asettica. Eppure il calore umano si può trasmettere anche solo con una parola.

<Prossimooo!>

E’ stato bello.

Sto guidando. Intorno a me una campagna viva, distese di terra concimata. MEGLIO chiudere il finestrino. Sono assorta nei miei pensieri bucolici, sono assorta… E appare lui all’orizzonte, dietro di me.

E’ inevitabile, non posso sfuggire, l’auto “chehatantafretta”mi sta inseguendo, mi punta minacciosa fino ad arrivare a 10 cm dal mio bagagliaio.

Perché caro?

Per quale stressante motivo stai cercando di sodomizzare la mia piccola Clio?

Passa caro, superami senza incertezze.

Non cercherò, lo giuro, di bloccarti, non avrò complessi nel vederti sfrecciare davanti a me e sparire dietro la curva. Vedi caro, non penserai di essere l’unico? Mi dispiace davvero. Ma appena sarai sparito, come d’incanto, apparirà un altro “chehatantafretta” e, come te, mi seguirà per alcuni minuti, così vicino da fare amicizia.

Quindi, non essere dubbioso, vai caro, vai.

Senza rimpianti.