Quante volte figliola?

Impulso di scrittura giornaliero
Ti sei mai esibito sul palco o hai tenuto un discorso?

Quante volte figliola? Tante volte. E si impara, si impara tutto. Ti prepari, arrivi anche a farti un video per vedere come sarebbe il tuo intervento (e raramente ti piace). La verità è che, ogni volta, è come fosse la prima. Ogni volta, quando cominci, hai davanti a te la platea e dentro di te il vuoto pneumatico. Dura poco, pochissimo. Realizzi subito che devi proferire parola e non importa se non segui lo schema perfetto che ti eri preparata, non importa se ti dimentichi qualcosa o aggiungi altro (spesso improvvisato). Quello che importa è che stai sfidandoti, ancora, sfidi le tue insicurezze, sfidi anche la convinzione di essere preparata, in grado di catturare l’attenzione. Poi, almeno questo è quello che mi capita, tutto fila liscio, mi diverto, osservo le reazioni di chi mi sta ascoltando e di chi manda segnali non verbali inequivocabili. Questa è la vera prova, riuscire a interessare, intrattenere schivando la autoreferenzialità (difficilissimo!) Sarà per questo che cerco da far durare i miei bla bla bla al massimo 20/25 minuti e sono intercalati da qualche presenza esterna (attori che leggono, un musicista che stacca…), perché l’ultima cosa che vorrei, è vedermi parlare “a vuoto” o al vuoto.😁

PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI – LA NUVOLA a ROMA

SCRIVERE! Siamo tutti(quasi)scrittori… a qualcuno riesce meglio.

E così, quando vedi i tuoi libri pubblicati ed esposti nello stand della tua Casa Editrice, quasi, quasi, ci credi!

Due o tre cose che so di sicuro (omaggio a Dorothy Allison): scrivere mi viene naturale, mi piace scrivere, non a tutti piace come scrivo.

Per chiunque fosse nei paraggi della NUVOLA, Roma EUR, 4/8 dicembre… vi aspetto, da venerdì pomeriggio!

Sarò quella che sorride… 😊

Marcella

Centro Congressi “La Nuvola”, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri più liberi”.

A M A R E

Impulso di scrittura giornaliero
Condividi cinque cose in cui sei bravo.

A ascoltare

M meditare

A aspettare

R rispettare

E… scrivere.

Per la quinta, diciamo che ci provo.

Magico buio

Aveva passato la notte tra troppi caffè e un posacenere stracolmo di cicche di sigarette, un quadro deprimente, molto lontano dalle sue ambizioni. Fissava lo schermo del computer come se tra le icone, le foto e tutte le finestre aperte, alla fine, aspettasse l’apparizione del romanzo. Ci stava lavorando da mesi e, tra cambi continui di trama e personaggi, ne aveva perso il significato.

Il menabò iniziale era là, su un quaderno, tra i suoi appunti, le cancellature e le aggiunte. A forza di ritocchi era diventato un mostro, qualcosa che aveva preso vita da solo e che le stava togliendo la ragione. Ci parlava, continuamente. Rileggeva e correggeva.

Si alzò dalla sedia con le spalle indolenzite e, stirandosi il collo, se ne andò in cucina. Un altro caffè. Sarebbe stato meglio smettere. Anche di bere caffè.

Strana bevanda il caffè, pensò fissando la polvere scura, siamo proprio creativi quando vogliamo. Spostò la sedia dal tavolo aspettando di sentire il gorgoglio, aspettando.

Appoggiò le braccia sul tavolo e la testa, piano piano, chinandosi, ci si avvolse. Sentiva con la guancia il fresco del legno, le orecchie ovattate dall’abbraccio confortante, gli occhi chiusi che chiedevano riposo. Ma i pensieri continuavano senza sosta, come un severo precettore che ti riporta ai tuoi doveri. Riusciva quasi a dargli un volto, se lo immaginava impettito, nel completo rigido, col colletto della camicia inamidato e quel sorrisetto sardonico di sufficienza.

Come quando, da bambina, se a scuola sbagliavi una risposta o peggio, osavi darne una diversa permettendoti di fare una tua personale considerazione, si usava ancora mettere l’alunno dietro la lavagna, con ignominia e imbarazzo.

Forse ci si era messa da sola, dietro la lavagna, sforzandosi di creare qualcosa in un momento in cui la creatività era in letargo. Succede. Non si può creare a comando, non funziona, il risultato è sempre anonimo, insignificante.

Buio. Stava dormendo. Aveva spento il caffè? Sì, no. Non si ricordava, non importava. Buio. La mente che finalmente stava facendo un defrag, schizzando tra infiniti mondi, tramonti dai colori irreali, visi conosciuti ma in contesti mai visti. Poi, nero. Pesante, quasi solido, faticoso attraversarlo, pece che impantanava, che le pizzicava le narici.

Il caffè era uscito ed eruttava borbottando rumorosamente dalla moka, come un piccolo vulcano nervoso, spruzzando liquido scuro e spumoso. Aprì gli occhi, osservò il disastro ormai fatto e, alzandosi con calma, andò a spegnere la fiamma. Tornò a sedersi, richiuse gli occhi, cercando quel magico buio, profondo, in cui perdersi e sprofondare tra i sogni. I sogni, sono messaggi da lontano. Buio.

STALKING. Sapresti difenderti?

STALKING. Sapresti difenderti?

TI SCRIVO PERCHÉ NON SO AMRARE

Echos edizioni – echosprime.it

La Fama Postuma

Ho appena letto il post di Melissa Miele e lo trovo un bellissimo preambolo al mio.

Scrivere un romanzo è complicato. Gli Autori, quelli degni di questa qualifica, scrivono quello che hanno nel cuore e nella mente, strappano un pezzo della loro carne, delle loro viscere, per tradurle in parole. Non c’è niente di artefatto o forzato, è naturale. Nascono così i racconti, le poesie ed anche i romanzi.

Su questo Social ho letto molto, in cerca di sorprese, gemme nascoste, non ancora catturate dal marketing, non ancora su uno scaffale del supermercato. Autori. E ne ho trovati, così come ho trovato blog interessanti, ricchi di contenuti. Mi piace condividere, ripubblicare post che fanno riflettere, poesie o racconti talmente belli che vorrei averli scritti io.

È come essere Alì Baba di fronte alla grande Caverna WP, e “apriti sesamo” è l’augurio che faccio a tutti noi, perché si dischiuda lasciandoci girovagare nella ricerca di ciò che più ci aggrada. 

Questo lo possiamo fare, siamo al timone, in questa nuova comunicazione che sfreccia sul binario del marketing, noncurante del carico ma solo della meta.

Molti, forse anch’io, resteranno sconosciuti, anche se hanno avuto la fortuna di essere selezionati da una delle rare Case editrici che non chiedono una co-produzione, ma offrono un contratto normale (tralascio il capitolo provvigioni vendite che in Italia varia dall’8% al 10%). 

Soddisfatta? Mah. Sono due livelli separati, l’avere successo e il piacere di scrivere qualcosa di bello. Sì, di bello.”

bene sit vobis 


Le Pagine flaccide

Sarà la giornata dal clima incerto, sarà stato il cappuccino non proprio speciale che questa mattina mi hanno portato, tutti presi dalla “Gara tra Macchine d’Epoca” che sta catalizzando l’attenzione dell’intero paese, sta di fatto che il libro che sto leggendo ha preso una piega moscia, come la schiuma del cappuccino di cui sopra.

Mentre osservo l’andirivieni di tecnici, operatori e addetti stampa, comincio a sentire i primi rombi di motore, assordanti. E penso.

È quasi sempre così, quasi ogni libro che ho letto custodisce al suo interno, una parte un po’ spenta, qualche pagina appassita, moscia, come se l’autore si fosse trovato a corto di creatività, dialettica, idee. In riserva. E scatta il riempitivo. Succede anche a me? CERTO che mi succede.

Quando rileggo per l’ennesima volta le mie bozze, l’istinto di strappare e bruciare, al rogo come le streghe, quelle maledette pagine uscite da non si sa quale sinapsi addormentata, è molto forte. A volte è meglio, molto meglio che modificare il periodo, cambiare il ritmo della narrazione. Alla fine esce un soufflé sgonfio.

Scrivere un articolo, un post, addirittura un racconto, è più facile, non semplice, ma accessibile. Scrivere un romanzo invece è assai complesso, almeno scrivere un romanzo che ti cattura al punto di non voler smettere di leggere. È proprio come un progetto da elaborare, modificare, perfezionare dopo aver fatto ricerche, e prove. Come per questa corsa di macchine, tutte dal motore ruggente ma, alcune, hanno qualcosa in più. E una sola vincerà. E non è detto che sia la migliore.

Siamo diversi. Non si può piacere a tutti, esiste il pubblico di riferimento, cui puntano gli editori col marketing del romanzo in questione, proprio come se fosse un nuovo biscotto.

A me non piacciono tutti i biscotti.

Siamo diversi.

“La Diversità non è un valore, ma la mancanza di Diversità rende deboli e omologhi. L’Omologazione crea la massa e “fare massa” non è un concetto positivo, nemmeno in fisica. Abbiamo infatti Diversità non Differenze, le Differenze creano diseguaglianze, la Diversità unisce e arricchisce la collettività”. (tratto da I.O – I Observe you- di Marcella Donagemma)


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