Mi è rimasta una nota, tra le scapole

Chiudi gli occhi. Ascolta. Cosa vedi? Lascia perdere che hai fame! Riesci?

Non importa, va bene lo stesso. Cosa vedi? Io ho chiuso gli occhi e ti ascolto.

Io vedo la stessa stanza in cui eravamo prima, piena di gente. Mi sembra di sentire anche caldo, mentre qualcosa di fresco e amaro mi si scioglie in bocca e scivola tra i denti, sotto la lingua. Forse sono state le sigarette, troppe. Sento un profumo di gelsomino arrivare da fuori, dal balcone.

Sì, lo percepisco anch’io quel panorama che si perde fino al tramonto. Come una distesa, un blocco di mattoncini lego che spariscono sotto il cielo pesante che si sta spegnendo. Presto sarà tutto nero. Quasi solido.

Chi è? Con chi stai parlando? É bionda? Ha una voce da bionda, le braccia lunghissime e tanti bracciali che tintinnano. Vanno al ritmo della musica che viene dal salone, dove sono tutti in silenzio e stanno ascoltando qualcuno che tocca il piano.

Mi sembra di vederle le note, come tanti uccellini che svolazzano sbattendo contro le pareti e il soffitto, ma non toccano le persone. Uno, colorato, si è fermato sul piano, è immobile. Lo vedi anche tu?

La senti la musica vibrare tra le vertebre, salire e scendere come se stesse cercando una direzione? Ora si è come incastrata, proprio tra le spalle. Solo una nota, di tanto in tanto, sale fino alla testa. Di tanto in tanto accarezza gli occhi per poi scivolare di nuovo lungo la colonna vertebrale, fino ai piedi. E sparisce. Quando arriva, sparisce.

No! Non applaudite. Sì, capisco che era un personaggio famoso ma avete rotto l’incanto.

É tornata la luce dei lampadari, il tintinnio dei bracciali e quelle braccia lunghissime che arrivano ovunque. Mi è rimasta una nota tra le scapole, se ne sta lì, ferma.

Lasciami così, per un po’, lasciami ferma a sentire questo buio. Sì, tra poco riapro gli occhi. Tra poco.

Perdo tempo

Sono uscita. A volte mi sforzo, sbaglio sapendo di sbagliare.

Ed eccomi qui, in mezzo a tante voci, tante persone, visi, mani, bocche che si aprono e si chiudono. Ho tentato, davvero, ho cercato in tutti i modi di trovare qualcosa che mi includesse nel gioco, ma non ci riesco. Mi guardo un po’ intorno, mi fisso su un vaso verde, di quelli soffiati, bellissimo. Ne studio la morbidezza, i riflessi, quella tonalità che non saprei paragonare a niente altro che a qualche fiore tropicale. Arriva uno e gli piazza davanti il suo bicchiere, così, tanto c’è posto.

Mi sposto, osservo una coppia che sta fissando un quadro. Fissando è il verbo giusto, sembrano in catalessi. Vado a vedere, forse ti cattura, forse rimarrò rapita anch’io. No. Direi che non è proprio quello che mi aspettavo. Guardo meglio, mi concentro, anzi cerco di lasciare andare la mente, di osservare l’insieme senza giudicare. Li sento parlare.

< Noti la metafisica anche tu?>

Non ce la posso fare. Non sono ancora al livello metafisico, stavo cercando di non giudicare e mi sembra che sia già un grande sforzo.

All’improvviso sono assente, come un fantasma, ferma davanti al quadro, da sola perché nel frattempo la coppia si è spostata, e mi sono persa in un drappeggio azzurro del dipinto. Mi sembra di sentire lo sciabordio dell’acqua del mare, una brezza leggera. Chiudo gli occhi e penso alla sensazione dei piedi nella sabbia bagnata, quando arricci le dita a catturare i granelli, mentre l’acqua ti sfiora le caviglie.

< Prego!>

Un cameriere è apparso al mio fianco con un vassoio carico di bicchieri. Sembra barcollare e ne prendo uno per alleggerirgli il carico. Sarei già al terzo in verità ma, vista la compagnia, li considero un salvavita, mi tengono impegnata almeno una mano.

Mi sento fuori posto, come un bicchiere spaiato in un servizio. Dopo aver socializzato il più possibile, aver cercato di far breccia in gruppetti chiusi come le valve delle cozze, sorseggiando con nonchalance, guadagno l’uscita.

A volte è meglio così.

Se sei la sola a dare, se non ricevi niente, meglio cambiare panorama, deviare il percorso. Un tempo, sarei rimasta fino alla fine dell’evento, per non ferire nessuno, un tempo. Ma il tempo è prezioso, ed oggi, lo sono anch’io.

Foto di John Robert Marasigan  UNSPLAH