Oggi, pulizia soffitta. Niente di più terrificante e eccitante allo stesso tempo. Così si era decisa, pantaloni comodi e camicia a maniche lunghe, sneakers, capelli raccolti con un elastico, prima di fasciarsi la testa, coprendoli con una cuffia di plastica, di quelle per la doccia. Passò davanti allo specchio e, visto come si era conciata, si guardò con tenerezza, sperando che nessuno venisse a trovarla proprio in quella giornata.
Pronta. Aprì la piccola porta della soffitta buia tastando poi sul muro alla ricerca del pulsante della luce. E funzionava. Fantastico, prima incognita superata. Davanti a lei, in un disordine accumulatosi negli anni, pile di scatoloni, valigie accatastate, sacchi neri dal contenuto dubbio, una piantana vecchia, rossa con arabeschi dorati, due sedie anni ’60, bianche, in formica e metallo cromato. Dietro, nell’ombra, chissà cos’altro avrebbe trovato.
Aveva preso con sé una torcia che si rivelò molto utile mentre avanzava nella polvere. Bastava spostare qualcosa e si sollevava, rivelando ragnatele che univano oggetti e scatole, o che penzolavano dal soffitto. Aveva dimenticato i guanti, e un fazzoletto per coprirsi la bocca. Ma la curiosità prese il sopravvento. Con prudenza, cercò di spostare le scatole verso il muro, aprendosi un varco, avanzando piano perché nel frattempo aveva sentito un rumore simile ad uno squittio. Ti prego, topi, NO.
La luce della torcia illuminava altri scatoloni e, proprio a destra, un baule, verde scuro, con i bordi in ottone, seminascosto da buste e pile di giornali. Spostò piano le buste di plastica, che contenevano abiti e maglie, e buttò un occhio ai giornali, evidentemente raccolti e conservati perché riportavano fatti importanti. Li sollevò cercando un posto dove appoggiarli. Altre due sedie! Identiche a quelle che aveva trovato all’entrata della soffitta. Poi le guardo meglio. L’ottone del baule era annerito e i due fermagli di chiusura sembravano bloccati. Riuscì ad aprirne uno ma, per l’altro, dovette armarsi di un cacciavite trovato appeso al muro. Il coperchio non era pesante e, appena sollevato, un forte odore di naftalina le pizzicò le narici. All’interno, scatole ordinate, qualcuna avvolta in carta velina, altre chiuse da un nastro di raso, qualcuna piccola, in pelle rossa o blu, altre, tipiche scatole da scarpe, impilate ai lati.
Prese una sedia e si avvicinò, cercando un appoggio per la torcia. Aprì una scatola bianca con un disegno rosa molto delicato e, tra la velina, apparve un velo da sposa, in pizzo, ingiallito, che terminava con un pettinino in osso chiaro. Era morbido e setoso, sembrava fatto a mano. Sicuramente quello della nonna. Tutto quello che trovò in quel baule, doveva essere appartenuto alla nonna. Un vestito da sposa, minuscolo, semplice, cucito a mano, un nécessaire in cui erano rimaste delle forbicine dorate e un portacipria con ancora il piumino, piatto e ingrigito, delle lenzuola matrimoniali in cotone, ricamate forse dalla bisnonna, dei cappellini in feltro, una custodia in broccato che conteneva un binocolo in ottone, da teatro, due specchietti in peltro lavorato, una sveglia déco, in ottone e bachelite nera. Apriva le scatole come una bambina a Natale apre i regali. Fino ad una scatola da scarpe. All’interno, raccolte da un nastro rosa, tante lettere, lettere d’amore, lettere del nonno. Forse parlavano della guerra, forse le aveva scritto dal fronte e poi, una volta rientrato, da dove si stava nascondendo, aspettando di rincontrarla. C’erano anche telegrammi, di quelli che si vedono solo nei film. Un tesoro. Qualcosa da leggere con amore, un pezzo di vita dei suoi nonni che ripose nella scatola, con cautela. C’erano altre scatole da aprire, e lo fece cercando altre lettere o un diario. Ma trovò un paio di orecchini, quelli che aveva visto indosso a sua nonna, dono della bisnonna, in oro e acquamarina. Li aveva cercati per tanto tempo, pensava che fossero andati perduti. Quel baule era pieno di vita, di storie. Prese le lettere, chiuse il coperchio e, con la torcia, si diresse verso la porta, scavalcando ciarpame e libri impolverati.
Per oggi, va bene così. Questa sera, sarò con i nonni.

