Amabile. Lei era così, glielo dicevano spesso.
Era quel tipo di persona che passa inosservata, mai sopra le righe, forse un po’ solitaria. La sua casa era in ordine, sempre. Non un granello di polvere, non un cuscino fuori posto, anche le tende, immacolate, erano immobili, a piombo, perfette. Una vita in discesa la sua, famiglia normale, nessuna eccellenza negli studi, laurea conseguita nei tempi e il lavoro era arrivato facile, grazie al papà, in uno studio di architettura. Niente di più, niente di meno.
Si era svegliata come ogni giorno, da quattro anni, alle 06.15, ed era scesa dal letto col piede destro, sempre lo stesso piede. Una routine di gesti ed abitudini, dall’accendere il bollitore dell’acqua, al fumare la prima sigaretta davanti alla finestra, ancora in pigiama. Il cielo era azzurro, i palazzi di fronte sembravano deserti, un silenzio reboante. Quella notte aveva dormito male, per l’ennesima volta le avevano chiesto di passare un progetto ad un altro collega. Per l’ennesima volta lo aveva aiutato.
“Sei davvero amabile.”
Era amabile quando le amiche le davano buca, quando tutti potevano contare su di lei, quando non disturbava, quando non esisteva.
Era lunedì.
Lunedì: pantaloni e camicia, scarpe e borsa abbinate. Tazza lavata e asciugata, tapparelle abbassate, chiavi di casa e il rumore del portone che si chiude. Rimbomba un attimo nella tromba delle scale, solo un attimo.
Uscendo dal palazzo il vento le gonfia i capelli e la camicia, mentre le sembra di camminare a fatica, come se affondasse nella ghiaia, fino al cancello. Era già arrivata alla metro, non le era chiaro quale tragitto avesse fatto, sicuramente sempre lo stesso, ma non si era fermata al bar. Forse sì.
Non le importava, stava aspettando, nell’aria stantia, tra tante persone che parlavano, ma non sentiva. Stava aspettando sulla linea gialla. Una donna, né giovane, né vecchia le si piazza davanti.
Sei amabile.
Arriva l’aria che precede il rumore e quell’odore acre di metallo e cemento, poi, le luci della metro. É quasi lì.
Le sue mani si alzano lentamente e spinge, forte, la schiena che ha davanti a se. Urla, braccia che la braccano, schizzi di sangue ovunque, l’orrore negli occhi delle persone, lo sgomento.
Silenzio, fate silenzio, fatemi spazio, non vi vedo. Non vi sento.
Foto di Alexander Grey da Unsplash

Bravissima davvero
🌺
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Grazie🌼
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agghiacciante, non solo e non tanto nel finale inaspettato (m’aspettato che si sarebbe buttata lei sui binari), quanto nella vita della donna, che precede l’attimo, una vita fredda, ripetitiva, inesplosa, che hai descritto alla perfezione.
ml
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Grazie Massimo.
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Complimenti leggendoti uno si aspettava di tutto ma non il finale così. Sei veramente brava nella scrittura
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Grazie Bear.
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Un sorriso
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La perfezione rasenta sia l’implosione che l’esplosione e perciò la disintegrazione propria e altrui.
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Brava. Sai tenere bene alta la tensione.
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Grazie. La rabbia inesplosa è la ii pericolosa
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Vero.
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