Richiam-ami.

Ti richiamo, mi avevi detto. A più tardi.

Aspetto. Aspetto la tua chiamata. Seduta al bar mentre la gente passa e io osservo.

Piccoli alberi sovrastano aiuole ormai secche, folate di vento sollevano granelli di sabbia ed io, chiudo gli occhi, un attimo.

Le tue mani, ho sempre amato le tue mani, con quelle vene scolpite come nel marmo, perfette. Mi sembra di vederle mentre dai briciole di croissant agli uccellini che venivano sempre. Ora non ci sono.

Portiere che si chiudono, macchine che partono.

Vuole un altro caffè? No, grazie. Aspetto.

Sono tutti dentro perché fa freddo, ma non lo sento. Vedo il mare in lontananza, si distingue appena dalla battigia, è plumbeo, quasi immobile.

Il tavolino di metallo riflette la mia ombra, la ingigantisce e non lascia spazio alla tua, che non c’è più.

Richiamami, ti prego. Richiamami.


foto kajetan-sumila- Unsplash.com

9 pensieri su “Richiam-ami.

  1. “Sono tutti dentro perché fa freddo, ma non lo sento”. E invece io lo sento nelle sue ossa e nelle mie, perché leggendo questa impossibile attesa che hai descritta, mi sono seduto accanto a lei perché il suo dolore è penetrato nelle mie ossa e mi ha spinto a ricordare tutte le volte in cui la vita, la nostra vita, ci obbliga ad attendere l’essere amato che ci ha detto, ma forse volevamo illuderci, che ci avrebbe richiamato. Sì, volevamo illuderci. L’ho imparato adesso, qui accanto a lei.

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