Scappare

Le luci del Commissariato sono bianche, alogene, fredde. Seduto in sala d’aspetto, dondolava un po’ sulle tre sedie che si stavano staccando dal pavimento, facendo sbattere a ritmo, contro il muro, la barra di metallo che le collegava. 

–       Allora? La pianti? 

Era passato un poliziotto, uno dei tanti, e, senza fermarsi, l’aveva ripreso, per poi sparire dietro ad una porta.

Stava aspettando i suoi genitori, li avevano chiamati dalla Centrale di polizia.

Chiuse gli occhi, rivedendo la scena, sentendo il vento nei capelli e le urla dei suoi amici, sul tetto di un treno regionale. Dieci minuti di pura adrenalina, la velocità che aumenta, le scivolate in cerca di un appiglio, i piedi che penzolavano e quel senso di euforia.
Poi, era successo qualcosa, ma non se ne era accorto, non subito. Matteo era saltato dal loro treno ad un altro che stava passando di fianco. 

Il loro treno stava andando via, lasciando indietro un amico.

–       Ma c’è riuscito? L’hai visto?

Le parole rubate dal vento, gli occhi che lacrimavano per l’aria, e il buio. Solo quei lampioni che di tanto in tanto, illuminavano le carrozze. Il buio, dietro.

Attraverso il vetro della porta vede arrivare due persone, poi altre due, sono sconvolte, stanno parlando con un poliziotto. Saranno i genitori dei suoi amici. Li avevano divisi, uno per stanza, ma erano solo in due. Mancava Matteo.

Aspetta. Arrivano altri poliziotti, una di loro accompagna una coppia da qualche parte. Rimangono due, in piedi, con i visi tirati e il pigiama che esce dai cappotti.

Poi, ecco i suoi genitori. Suo padre è arrabbiato, come sempre, sua madre lo segue, in silenzio.

Poche chiacchiere all’accettazione e li vede avvicinarsi alla porta col vetro, la sua porta.

Non ha il tempo di parlare, non l’aveva mai. Suo padre sembra enorme, ancora più del solito, e la sua mano arriva sulla guancia, potente come pugno, e lo fa cadere dalla sedia. Poi, urla, strattoni e un poliziotto che li separa. Sua madre stava vicino al muro. Una vita vicino al muro, qualsiasi muro.

–       Ma che stavate facendo? Delinquente! Ti volevi ammazzare? E invece è morto Matteo! Tu, dovevi morire, TU! Bastardo!

Viene portato via, rimane sua madre e chiudono la porta.

Lei si avvicina, si siede e lo guarda, non lo tocca. Ha sempre gli occhi tristi. 

Matteo è morto. 

Allora, non ce l’ha fatta.


foto di Giulia May da Unsplash

14 pensieri su “Scappare

  1. racconto a cui non manca nulla: pur nella sua brevità delinea bene i personaggi e lo fa non con descrizioni psicologiche ma caratterizzandoli ciascuno con un gesto o un atteggiamento, lo sbatacchiare le sedie del ragazzotto, il ceffone violento del padre, gli occhi bassi della madre. E intanto la tragedia si è compiuta.
    complimenti
    ml

    Piace a 1 persona

  2. Una bravata finita male ma con un padre così non ci si può aspettare nulla di buono. Una madre incapace di tener testa a un padre capace solo di urlare, manesco senza spiegare che il loro comportamento è da irresponsabili.
    Molte ben descritto nelle varie sequenze dell’episodio

    Piace a 2 people

Lascia un commento