Il 43

Arriva il 43, quasi in orario. Non c’è molta gente ma qualcuno deve sempre passare davanti agli altri, in coda. Piccoli soprusi da piccole persone. Non ci fa caso, non è importante, c’è posto e il tragitto sarà breve. L’autobus riparte tra il rumore di ferraglia, sbuffando, con la gente ancora in piedi che si aggrappa ovunque e si siede come se fosse emersa da una nuotata infinita. Lei, se ne sta in piedi, appoggiata al finestrino, vicino allo spazio per le carrozzine.

Mentre osserva fuori, due ragazze stanno ridendo forte, coprendo il vociferare e i dialetti incomprensibili che riempiono l’abitacolo. Risate squillanti, che tolgono il fiato, emanano quasi luce, un’aura leggera, come se fossero sospese. Tutt’intorno c’è il grigiore di percorsi conosciuti, fotocopie di stanche routine, occhi che hanno smesso di guardare il paesaggio e rimangono fissi sul sedile davanti. Vite ammaccate da sogni infranti, perduti, dimenticati.

Teste, tante teste. Chissà a cosa pensano? C’è una vecchietta con i capelli schiacciati sulla nuca, le gambe che non arrivano a terra e una borsa enorme sul sedile di fianco. Qualcuno le darà una mano quando dovrà scendere? Quel signore di fianco, seduto al di là del corridoio, si alzerà?

Appanna il vetro con il fiato, per disegnare un cuore, come se avesse dodici anni, come quando le batteva forte il cuore, vedendolo salire, quel ragazzino, riccio e un po’ timido, che la guardava da lontano. Quando aveva perso quell’emozione? Quando erano apparse le barriere ai brividi, alla vergogna, all’entusiasmo innocente? Si diventa più forti nascondendo i turbamenti, eccitazione e commozione sono tenuti in serbo, come il servizio buono, per le occasioni speciali. 

Il 43 rallenta e si ferma. La signora anziana arranca col suo grosso bagaglio fino alle porte che si aprono. Sta per andare ad aiutarla ma una delle ragazzine la precede, sorride e le scarica il grosso fagotto, poi, salta di nuovo sul bus e si siede.

Quanta luce.


Foto di sam mcnamara – da Unsplash

15 pensieri su “Il 43

  1. Sono rimasto a guardare quella luce che nessuno oltre te vede. Una luce che non toglie l’amarezza della vita ormai spenta di coloro che stanno intorno e non vedono e non sentono. E penso: fino a quando quelle ragazze sapranno ridere? Sei tu, cara Marcella che mi hai messo nel cervello questo tarlo accennando, con domande, alle barriere.
    Si capisce che il “pezzo” che hai scritto mi è piaciuto moltissimo? Parli della vita sciogliendovi quel briciolo di zucchero, sufficiente a far riflettere. Grazie 🌹🙏!

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  2. Non salgo mai sui bus, per la calca e per il disordine per non parlare del lezzo che si crea in estate, da piccolina ci salii con papà un paio di volte, mio padre non aveva mani a causa di un incidente patito e allora non c’era la tecnologia moderna e quindi per tragitti lunghi solo bus…Di tutto quello che ho letto l’ immagine più bella , è quella della ragazzina che scende dal bus il borsone ingombrante alla signora anziana … Ancora un po’ di rispetto per le persone anziane c’è…Per il resto c’è che i conducenti caricano il bus troppo e si viaggia male ovunque. Ciao Marcella !💝👍🙏🤍🤗

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