
Se ne stava seduto, col suo turbante viola, le gambe incrociate e le braccia appoggiate sullo schienale della panchina. Si notava appena. La barba bianca e lunga, lo sguardo fisso ad un campetto di bocce coperto dalla plastica grigia. Era là, immobile, rilassato, mentre le persone gli passavano davanti, camminando senza vederlo.
Sotto quel turbante violaceo, la mente viaggiava sopra gli occhi stanchi che, lentamente, si spostavano, aprendosi e chiudendosi, quasi volessero mettere a fuoco un sogno lucido, dai colori vividi, la vita lasciata lontano da lì.
Piccole case tinte di rosso, con le tende colorate come porte, le stradine polverose battute dai piedi dei bambini che correvano ridendo, le chiacchiere delle donne sedute sulle stuoie, sgranando semi: finocchio, anice, cumino, sesamo, cardamomo verde, dhania dal. Quanto era buono il Mukhwas! Era come se lo stesse gustando.
Di tutte le stuoie che aveva fatto in vita sua, la più bella era stata quella per sua figlia, arancio e blu. E le ciotole, impilate vicino al muro della loro cucina che profumava sempre di coriandolo.
Qualcuno si era avvicinato all’albero di fianco alla panchina, lasciando che il suo cane facesse i suoi bisogni. Il padrone parlava, parlava col cane. In quel paese parlavano molto con gli animali, strano. Anche nel suo succedeva, ma era per scusarsi se, incautamente, li uccidevano. C’erano molti cani, ma molte più mucche, magre e sacre. Non come qui, che dispensavano latte fino alla morte.
Lavorava in una stalla, molto organizzata, accarezzando le mucche ogni mattina, chiedendo scusa e ringraziando. Quando collegava le mammelle alle bocchette per mungere, gli sembrava di fare una cosa immonda. Kamdhenu‘ non avrebbe soddisfatto tutti i suoi desideri. Ma, in realtà, aveva anche mangiato la carne delle mucche, come tanti altri indù. Considerò che era sempre meglio che abbandonarle randagie e denutrite. Sentì il sangue scorrere nelle vene, arrivare alle mani callose, pulsare nei polpastrelli e le alzò al cielo, puntando in alto, come se volesse raggiungerlo. Kamdhenu‘, perdonami.
Il turbante viola si spostò, solo un poco.
Foto da unsplash
Grazie. È sempre un’emozione quando si leggono questi incontri di culture. Riusciremo mai a diventare capaci di essere ecocentrici invece di egocentrici? Lo spero tanto. Un abbraccio.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie Melissa! Condivido pienamente il tuo commento. Ti abbraccio
"Mi piace""Mi piace"
il viola è il colore della spiritualità… del mistero e della magia… della metamorfosi…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Esatto Cinzia… 🩵🦋
"Mi piace"Piace a 1 persona
Un bel pezzo ambientato in India che parla di quest’uomo che faceva l’umile lavoro di mungere le mucche.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie Paolo.
"Mi piace"Piace a 1 persona
bella serata
"Mi piace"Piace a 1 persona
buona serata
"Mi piace"Piace a 1 persona
Anche a te
"Mi piace""Mi piace"
Pezzo favoloso!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ma grazie Luisa!🩷
"Mi piace"Piace a 1 persona
💙💙💙
"Mi piace"Piace a 1 persona