Il cuscino a righe

Certe notti, quando apriva gli occhi di colpo, come se l’avessero svegliata, in quelle notti, sentiva il male di vivere. Le lacrime uscivano, i singhiozzi le toglievano il fiato, le veniva da urlare. Si può dare un nome a tutto questo? Uno solo? Avevano redatto un lungo elenco, in verità, per descrivere a fondo quella sensazione opprimente, quel senso di solitudine viscerale accompagnato da un dolore costante, profondo. La cosa grave era che se ne rendeva conto, sapeva di poter trovare la forza, continuando a sondare a fondo la sua vita. Una tortura, lenta e crudele, per ottenere la risposta, solo quella, quella che tutti si aspettavano.

Come inquisitori, con quello sguardo vuoto, assente, seduti mollemente ad osservare, scegliendo con cura lo strumento di supplizio più atroce: quello che ti lascia in vita, togliendotene la voglia.

Nei corridoi, si sentivano passi veloci, porte che si aprivano e si chiudevano, poi, silenzio. Gocce di sangue, gocce di sale, lamenti e urla.

Chiudi gli occhi, presto!

Fingeva di dormire, quando sentiva aprirsi la sua porta, e rimaneva immobile come una statua di cera.

No, ancora una pillola no! Ma l’acqua già scivolava nella gola, fredda, arrivava nello stomaco, pungente. E un buio pesante calava sui suoi occhi, obbligandola a chiuderli, la mente ancora attiva che s’infuriava, pensava di muoversi, lo pensava soltanto.

La luce filtrava dalle sbarre della finestra sul cuscino del letto di fianco, un cuscino a righe.


Foto da unsplash

15 pensieri su “Il cuscino a righe

  1. Buon pomeriggio Marcella, mi hai ricordato molto qualcosa che scrissi più o meno nel periodo della pandemia; era una testimonianza molto affine alla tua. Immagina che meraviglia non doverne più leggere di testimonianze di anime striate che cercano un senso tra le fessure che le sbarre della sofferenza creano.
    Un abbraccio.

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    • Che bel commento Giusy. Devo dire che quando si arriva a dover ricorrere ad aiuti estremi, quasi mai volontari, si toccano davvero i nervi più dolorosi dell’esistenza… Immagino che col tuo importante lavoro, anche in termini di prevenzione, tu possa aver aiutato e stia aiutando davvero molte persone. Ti abbraccio

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  2. È brutto arrivare ad un ricovero coatto, l’ ha subito mia sorella dopo aver tentato il suicidio per due volte . Comunque in quei reparti trattano le persone come non avessero anima e fossero solo carne .Oggi dopo la chiusura dei manicomi ci sono i reparti che dovrebbero aiutare il paziente , ma non c’è personale che agisce con coscienza e pazienza per cui ricorrono alla sedazione coatta e addormentano il paziente ed è naturale c’è poi vede l’ultima immagine dell’ ego cosciente e alla fine avrà anche l’ Anima a righe e saranno a righe anche gli incubi…Che pena !
    Una descrizione accurata e ci sono entrata dentro e ho sentito la devastazione dell’ Essere che non è più padrone di nulla , solo coercizione …Anche se curare l’anima è una terapia lunga e difficoltosa,il personale medico dovrebbe avere la competenza di trattare caso per caso , aiutare e sedare solo al bisogno. Ciao Marcella 🌹 tematica da trattare con precauzione…Ho letto con interesse, grazie 🙏🫂🤍

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  3. “sentiva il male di vivere.”
    come Alda Merini… e tutte quelle persone che vivono nei manicomi…
    nel caso di Alda… il suo cuscino a righe… era la sua poesia… a volte folle… a volte piena di lacrime e verità…

    buon giorno Marcella… 😊🌷

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