Un quarto d’ora

Seduta su un muretto scomodo, sul lungomare, si era fermata dopo aver fatto una camminata. Ogni giorno la stessa, lo stesso percorso, col passo veloce e la testa piena di riflessioni. Il vento era ancora gelido, e portava con sé l’aspro odore della salsedine.

Grigio il marciapiede, grigia la spiaggia e il mare, grigio il cielo. Spiccavano solo le sue scarpe da ginnastica, verde acido, come due manghi ancora acerbi. Si era seduta non perché fosse stanca, si era voluta fermare, per fermare la mente. Quanto era difficile la relazione tra le persone e il suo modo di pensarle. Ne aveva incontrate tante, come sempre, e le salutava tutte, come sempre, ma alcune non rispondevano, mai.

Chiuse gli occhi, lentamente, cercando un quarto d’ora di niente.

I mattoni erano freddi, umidi, e in lontananza, si sentiva il gorgogliare e deglutire del mare. Tirò su la leggera sciarpa fino a coprire le orecchie e infilò le mani nelle tasche della giacca. Respirava, immaginandosi le onde che s’infrangevano lontano, il sole che bucava le nuvole e i suoi piedi nella sabbia del bagnasciuga, con le dita che afferravano le telline che emergevano e si posavano sulla pelle come un prezioso decoro. La dolcezza dei granelli di sabbia che scivolavano tra le dita per non tornare più, lasciando spazio ad un ‘altra dolce onda. Riaprì gli occhi sul grigio della sabbia, interrotto solo dalle orme di qualche uccello che aveva zampettato quasi in cerchio.

Ora la risacca era lunga, potente, abbandonava sulla riva i detriti, le alghe, pezzi di conchiglie e di legno.

Neanche il mare si ferma mai, con il suo linguaggio di frasi interrotte, mai completate.

Poi, vide passare un punto rosso lontano, la giacca di un bagnino che stava raccogliendo i rifiuti del mare, con un attrezzo simile ad un rastrello. Sembrava un palloncino che si gonfiava e si sgonfiava, spostandosi lentamente in quel grigio. Il palloncino si fermò e si voltò verso di lei, sollevò un braccio per salutare.

E lei rispose. Peccato non essersi guardati negli occhi, gli sguardi sono”frasi perfette”.

Il vento alzò un pò di sabbia.


Un racconto breve, sulla mindfulness, dal termine antico in lingua pali “sati”, che significa consapevolezza, intesa come attenzione. Quanti riescono a prestare attenzione momento dopo momento, a ciò che fanno?

23 pensieri su “Un quarto d’ora

  1. Ciao Marcella in questo bel post hai evidenziato il bisogno di solitudine che in certi momenti è necessario per poter avvallare ciò che ci succede.Certo è che ne abbiamo bisogno anche per poter riflettere in quel quarto di nulla fatto di semplici parole non dette, rimaste nella mente per essere solo nostre…Mi ha fatto riflettere lo sguardo che non ha potuto ricevere dagli occhi del bagnino ; spesso si cerca la solitudine, ma uno sguardo perfetto a volte attrae ed è più attraente di qualsiasi frase. Siamo umani che non ci stacchiamo per non avere contatti, ma perché quel quarto di nulla ci dà la forza di accettare la vita.Buona giornata Marcella, un abbraccio che possa colmare il nulla 🫂💝🍀🙏👏👏👏👏👍

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  2. “aveva zampettato quasi in cerchio.”. È così che bisogna vivere: zampettare in cerchio per tornare e ancora tornare sui passi compiuti, rivedere e correggere il nostro modo di guardare, pensare, giudicare. A volte è doloroso e allora fuggiamo. Ed è allora che tradiamo noi stessi e gli altri.
    Marcella, dirti che sei brava è pura retorica.

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  3. Neanche il mare si ferma mai, con il suo linguaggio di frasi interrotte, mai completate

    Vero. Il linguaggio del mare è sincopato senza un ritmo preciso.

    Bello questo racconto breve che si cala nella mente di una donna che è alla ricerca di se stessa.

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